lunedì 30 dicembre 2013

Rosso

Domani sera sarò vestita di rosso.
Dopo anni di cenoni casalinghi ci concediamo una cena al ristorante, pochi amici nel locale di un amico.
Ringrazio il 2013 che se ne va per tante cose, anche se non è stato un anno propriamente facile. E' cominciato in salita, ma una di quelle erte che ti spaccano le gambe appena provi ad affrontarle e ti viene la voglia di dire che non ce la farai mai, mi siedo e aspetto un passaggio, oppure aspetto e basta.
Poi, un passo dopo l'altro, sudando, imprecando, l'affronti e dopo un po' ti rendi conto che ti sei fatta le gambe e il fiato.
Prima di sposarmi andavo spesso a fare trekking, ho imparato che bisogna adeguare il passo ai propri limiti e così ho fatto.
La salita non si è miracolosamente appianata ma adesso faccio meno fatica.
Non mi aspetto un 2014 perfetto.
Ma sono qui e lo aspetto, e questa è una buona notizia.
Che sia per voi un anno di buone notizie.

venerdì 20 dicembre 2013

Turbinio festivo

Il mese di dicembre si va dissolvendo in un turbinio di luci e fiocchi rossi, recite natalizie e traffico congestionato di macchine in cerca di parcheggio davanti ai negozi.
La colonna sonora si snoda in un ripetersi incessante delle stesse tre canzoni che già non sopporto più dall'otto dicembre,
Last Christmas;
Jingle bell rock;
All I want for Christmas.
Il punto vita si allarga pericolosamente, imbottito di cioccolatini, una fettina di panettone per festeggiare in ufficio, in classe, in palestra, un biocchierino per un brindisi tra colleghi.
I forconi hanno riaperto il banco al mercato, mica ti vuoi perdere le vendite natalizie. Ieri era prevista una manifestazione, vi hanno partecipato in 15. Per le rivendicazioni passare dopo l'Epifania.
Le vacanze scolastiche sono cominciate da cinque ore e mezza, da tre ore non vedo l'ora che finiscano.
Emmegrande ha un piede fuori uso, uno scontro in palestra con un compagno di classe gli ha garantito una bella slogatura e otto giorni di docca gessata, si spacchetterà il piede il giorno di Natale, insieme ai regali che ha chiesto.
Quest'anno niente giocattoli ma scarpe fighe, divisa e pallone da basket. E il piccolo gli è andato, ovviamente dietro, divisa da basket anche per lui ma nella letterina a Babbo Natale ha infilato, quasi vergognandosene, la richiesta di una macchinina.
Domani è ufficialmente inverno, ieri si è affacciata un po' di neve da noi. Sembra lo abbia fatto solo per provare il funzionamento dei motori, ha spruzzato di zucchero a velo i prati come se fossero pandori pronti da addentare.
Domani partiamo per il NBS, a fare il Natale in famiglia: previsti cinque giorni di incontri, auguri, brindisi e quant'altro che culmineranno nel celebre pranzo del 25 da mia madre. Il menù è stato deciso più o meno a Ognissanti, quest'anno prevede penne al ragù di pecora, specialità del paese di origine dei miei nonni. Non storcete il naso, le penne alla pecora della Zia Quicquia avrebbero resuscitato Lazzaro anche senza l'intermediazione di Gesù Cristo.
Io non sono molto natalizia, non ho mai fatta mia la storia che a Natale si è tutti più buoni, e la pace e l'amore e la gioia e le campane che suonano. Cioè, la pace e l'amore servono tutto l'anno, mica solo il 25 dicembre, non riesco ad essere più buona a Natale, non è che dopo 364 giorni di acidità io divento improvvisamente basica. E odio i Babbi Natale appesi ai balconi e gli alberi di design e last-christmas-I-gave-you-my-heart e gli sms di auguri tutti uguali inviati in serie, le renne ballerine e gli elfi tenerini.
Quindi non sono capace di fare auguri di circostanza.
A chi passa e legge auguro solo di fare le cose che ama con le persone che ama.
A chi non potrà farlo vada il mio augurio che le cose migliorino.

lunedì 16 dicembre 2013

Un anno dopo

Se riavvolgo il nastro mi rendo conto di quanto stessi male.
E mi rendo anche conto di quanto rifiutarsi di ammetterlo. Non era un problema mio ma di tutto il resto del mondo.
Erano "gli altri" ad avercela con me, e ne trovavo dimostrazioni continue in ogni gesto, in ogni sguardo, in ogni parola detta o non detta.
Se non erano le persone erano le circostanze, il destino, la sfiga, la congiuntura astrale, i maya, il clima...
Era brutto.
Non si vive bene quando senti che l'unico posto sicuro sono le pareti di casa tua, quando alzarti dal letto al mattino ti costa una fatica che nemmeno la traversata in solitario dell'Atlantico, quando tutti sono potenziali nemici.
E se qualcuno ti dice che non è vero è solo l'ennesima dimostrazione di quanto tu sia incompresa e sottovalutata.
Passi il tempo a difenderti da attacchi immaginari e così esponi il fianco a quelli reali, fino a quando arriva qualcuno che ti stende definitivamente.
Che alla fine va bene così, perché fino a quando continui ad autoconvincerti che va tutto bene e puntelli con travi e travicelli tutto il tuo essere per non crollare non fai altro che rimandare la soluzione.
Invece dal disastro ricominci, e cerchi di ricostruire fondamenta solide per non crollare di nuovo.
Ed è mica facile: non ne sono mica uscita del tutto, ma almeno ho dato un nome al mio disagio, se le cose si materializzano le puoi combattere.
E' un periodo difficile per Emmegrande: le medie, l'adolescenza incombente, gli ormoni allo sbaraglio gli complicano la vita e a noi di conseguenza. Emmepiccola reclama il suo fratellone come lo conosceva e diventa insofferente e piagnucolone, Emmemaxi aggiunge lavoro a lavoro per vedere di tirar su quel poco di più che basterebbe per arginare le nefaste conseguenze della crisi economica, della macchina da cambiare, delle mille cose che si sono rotte/guastate negli ultimi mesi.
E io arranco, sbuffo, mi arrabbio, mi sveglio la notte in un bagno di sudore con il cuore che va a mille.
Ma non è colpa di nessuno, nessuno ce l'ha con me, è la vita e queste sono le sue conseguenze naturali, affrontandole nel modo migliore poi passano.
Conto fino a cento, mille, diecimila, mi arrabbio e urlo ma cerco di resistere alla tentazione di prendermela di nuovo con il mondo intero.
Diciamo che la fase di ricostruzione di me stessa è arrivata più o meno al pavimento del pianterreno.
Devo mettermi d'impegno per campare almeno fino a cent'anni se voglio arrivare al tetto.
Ma mi accontenterei di un solido e robusto piano ammezzato.

lunedì 9 dicembre 2013

Cronache dal fronte

Stamani, alle nove, il McDonald di Piazza Castello era aperto e affollatissimo. I baldi manifestanti, dopo aver intimato a tutti gli altri negozianti di chiudere pena la devastazione dei locali, stavano facendo la colazione globalizzata prima di andare a protestare contro la globalizzazione.
Poi, con la pancia piena, si sono tirati giù i passamontagna e hanno dato il via alle danze.
A mezzogiorno, sotto le finestre del mio ufficio, era guerriglia.
Hanno cominciato con le bombe carta, i boati facevano letteralmente tremare i vetri. Uno, due, dieci.
Le forze dell'ordine, in assetto antisommossa, per un po' non hanno fatto niente.
Poi hanno cominciato a volare i sanpietrini, se passate dalla parte della piazza a lato di Palazzo Madama noterete le buche sul marciapiede, gli hanno letteralmente divelti e la polizia ha risposto con i fumogeni.
Tutto quello che indossavo oggi puzza di fumo.
Erano ragazzotti, mentre devastavano filmavano vicendevolmente le loro imprese con gli I-phone.
Hanno rovesciato bidoni, invaso i bar che erano rimasti aperti e minacciato i proprietari e chi vi lavorava.
Noi siamo rimasti chiusi in ufficio fino oltre le diciassette, l'ordine era di non aprire a nessuno.
Dalla finestra ho visto tre ragazzini, avranno avuto sedici, diciassette anni al massimo.
Camminavano e ridevano, arrivati all'altezza delle pensiline della GTT hanno tirato fuori i bastoni e le hanno sistematicamente distrutte.
Adesso, grazie al loro gesto, ci sarà pane e lavoro per tutti, immagino.

mercoledì 4 dicembre 2013

Le rotture non vengono mai da sole.

Il primo a dare segni di incipiente agonia è stato il Doblò di famiglia. La mattina, per farlo partire, occorrono scongiuri e riti voodoo.
E' un diesel, e se una volta queste macchine erano fatte per durare a lungo adesso basta che si scassi una candeletta dal valore di 20 € per doverle buttare. Perché se si scassa la candeletta c'è da revisionare tutto il motore e poi non si sa se reggono le turbine e il diavolo che se le porti e il preventivo per la riparazione supera i mille euro. Il catorcio ne vale 1.500, valuazione Quattroruote.
C'è da cambiarlo.
Poi il mio telefonino figo che ci si fa anche il caffè, in teoria perché in pratica non sono mai riuscita né a mandare un mms né a connettermi su internet, improvvisamente decide di non funzionare più. Il touchscreen completamente andato, roba che se provo a digitare 345 lui capisce 189, e non riesco nemmeno più ad accenderlo perché non riesco ad inserire il PIN. Tutti i numeri di telefono allegramente dispersi. E anche la mia meravigliosa playlist musicale.
Ieri ne parlo con il marito, ne ho bisogno di uno nuovo. Aspetta amore, dopo Natale ci sono le promozioni, magari lo prendiamo con meno! Evvabbè, utilizzerò quei due residuati bellici che abbiamo in casa al posto del mio figofono dual sim, ha ragione lui, dobbiamo risparmiare per comprare la macchina nuova.
Oggi scopro che i due catorci hanno le batterie con un'autonomia rispettivamente di venti minuti e di due ore.
Richiamo il marito, oggi mi fermo al super e ne cerco uno.
Eh ma checazzo! Prendi sempre le cose di punta! In qualche maniera ci arrangiamo, aspettiamo dopo le feste!!!!
Mumble.
Mio marito, che ogni mattina mi dice prima buongiorno amore e poi ricordati il cellulare, che ogni volta che mi muovo di casa mi insegue per essere sicuro che lo prenda, che quando partiamo per un paio di giorni mette in valigia prima il caricabatterie e poi le mutande, che se ne esca con un'affermazione così mi suona strano.
Amore, facciamo che il regalo di Natale me lo dai adesso e sotto l'albero mi metti un pacchetto di cioccolatini.
Ecco, a te non c'è verso di farti una sorpresa!
A questo punto il sospetto è che sia stato lui a prendere a martellate nottetempo il mio defunto cellulare per giustificare il suo regalo.


Comunque non mi chiamate, tanto non posso rispondere. Al limite mandate un piccione viaggiatore.